In base ai primi rapporti degli esperti che hanno raccolto i dati sulla variante Omicron si sono rintracciate alcune informazioni utili per contrastare e trattare questo nuovo volto del Covid. Secondo i dati finora a disposizione è emerso che i soggetti che hanno ricevuto la doppia dose del vaccino se infettati vengono colpiti da una malattia blanda e dalla breve durata. Da quanto emerso dell’osservazione dei pazienti la nuova variante del virus, rispetto a quella che l’ha preceduta ossia la Delta risulta 5 volte più trasmissibile nei vaccinati con almeno 2 dosi.
Malgrado l’elevata virulenza però il quadro dei sintomi è più lieve ed è paragonabile a quello dell’influenza. Per quanto riguarda i tempi l’incubazione prima della manifestazione dei sintomi si è rilevato che Omicron ha una ridotta incubazione, circa 3 giorni, rispetto alle varianti precedenti del Covid. In caso di contagio, il soggetto risulta potenzialmente infettivo nell’arco di tempo compreso tra 1-2 giorni prima della comparsa dei sintomi, si ipotizza però che le persone possano essere contagiose anche nel corso del periodo in cui si manifestano i segni clinici. Invece nei soggetti asintomatici si stimano le 48 ore che precedono il risultato positivo del tampone. Mentre il periodo infettivo dura 8-10 giorni, che si allunga alle due settimane nei casi gravi.
Variante Omicron: quali sono i sintomi e per quanto tempo si resta potenzialmente contagiosi
Dall’osservazione dei malati che hanno contratto la variante Omicron si è evidenziato che l’infettività si riduce dopo 7 giorni dalla prima manifestazione dei sintomi. I soggetti vaccinati in genere vanno incontro a sintomi blandi dalla breve durata quali: febbre, tosse o raffreddore.
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Le modalità di contagio sono sempre le stesse: il virus si contrae attraverso il passaggio delle secrezioni espulse dalla bocca o dal naso dal soggetto infettato, per questo è bene utilizzare la mascherina e mantenere la distanza di sicurezza, senza trascurare la corretta igienizzazione delle mani. In particolare il rischio di contagio è più alto negli ambienti chiusi poco ventilati oppure affollati, dove il rischio di contagio può avvenire per inalazione diretta e per accumulo delle particelle infettive sulle mucose esposte.